Perché proporre laboratori filosofici?

Se hai trovato una risposta a tutte le tue domande,
vuol dire che le domande che ti sei posto non erano quelle giuste.
Oscar Wilde

In Italia la filosofia la studiamo a partire dalla scuola superiore – poco e in pochi. Di questi pochi alcuni, come la sottoscritta, perseverano anche negli anni universitari frequentando l’ambito accademico, dove per lo più la filosofia rimane relegata.
Fin da bambini, però, la filosofia entra a far parte delle nostre vite, anche se non ce ne accorgiamo, non ne siamo consapevoli, o ci sembra troppo complicata l’idea di accettarla e considerarla. 
E questo è motivo sufficiente perché la filosofia esca dalle aule e cammini in mezzo ai boschi.

Per stare al mondo tutti e tutte noi dobbiamo affrontare, fin dai primi respiri, l’angoscia dell’imprevedibile.

E quello che tentiamo di fare, fin da quando abitiamo questa Terra, è trovare il modo per ridurre e contenere questa angoscia. In molti casi lo facciamo tenendo la natura sullo sfondo.
C’è chi lo fa con i riti, a garantire certezze e regolarità; chi con i miti, per avere modelli di condotta a cui fare affidamento; chi ancora con la ragione che, come sostiene il filosofo Umberto Galimberti, “prima di essere un prodotto logico è una difesa da quell’angoscia da cui nessuna strategia, se non in parte quella razionale, ci tutela”.

B legno tronco keep it wild
Tutti noi, già da bambini, siamo in qualche modo filosofi. Non perché conosciamo la filosofia, ma perché ne assumiamo l’atteggiamento: conoscere il mondo e le paure per difenderci dai pericoli, con l’obiettivo di diminuire l’inquietudine di ciò che ci risulta indecifrabile.

Fin da piccoli, dentro di noi si formano le prime mappe cognitive, che decidono il modo in cui tenderemo a conoscere le cose che incontreremo nella nostra vita; ma si formano anche mappe emotive, che decidono il modo in cui il sentiamo il mondo e le cose che ci accadono.

In questo contesto impariamo presto due principi tematizzati dalla filosofia fin dai suoi albori:

  • Il principio di non contraddizione, ovvero quello che ci permette di riuscire a intenderci quando parliamo – si pensi ad Aristotele, “una cosa è solo quella e non un’altra”
  • Il principio di causalità, ovvero quello che ci sostiene nello scongiurare l’imprevedibilità dei comportamenti

Siamo pieni di domande: accontentarsi di risposte approssimative e superficiali, peggio ancora di non risposte, significa arrestare la curiosità e farsi andar bene le cose come sono, senza un atteggiamento critico, senza un impulso al cambiamento.
Cito ancora Galimberti:

Educare la mente è possibile solo con l’esercizio del pensiero, il quale è tanto più attivo e produttivo se affiancato dal sentimento. Non si apre la mente, infatti, se prima non si è aperto il cuore. È lo stesso Platone a ricordarci che si impara per partecipazione, imitazione, fascinazione. Infatti, senza una partecipazione affettiva, il pensiero non si attiva.

B fiore primavera hepatica fegatella
Qui si innesta il senso di proporre laboratori filosofici all’aperto:
  • Perché sapere non significa disporre di tante informazioni, ma cogliere i nessi che collegano queste informazioni – e la natura ci suggerisce infiniti spunti per tessere questi collegamenti
  • Perché la filosofia non è un sapere specifico, ma un incessante esercizio critico che si è dato fin dall’inizio il compito di creare nessi. Grazie proprio a questi nessi, che emergono con maggiore prepotenza in ambiente naturale, possiamo immaginare una diversa prospettiva per la cura di noi stessi e della Terra che abitiamo
La filosofia resta certo una disciplina praticata nelle storie e nelle geografie di popoli e di singoli, ma è anche un modo di relazionarsi al mondo con cui dovremmo familiarizzare ogni giorno.

È così che evitiamo che le idee semplici a cui ci aggrappiamo – da piccoli, ma anche da adulti – restino semplici per tutta la vita. Certo, nella loro semplicità sono comode, evitano di approfondire i problemi e così rendono facile il giudizio, rassicurano passando una lama di rasoio (e qui Ockham avrebbe qualcosa da dirci) sopra ogni dubbio.

Se però non ci esercitiamo all’inquietudine delle domande, le idee semplici estingueranno le domande stesse, impoverendo in prima battuta noi, ma anche le nostre relazioni con gli altri e con l’ambiente circostante.

Filosofia e natura insieme ci aiutano a capire che la vera risposta non è mai quella che chiude il discorso, ma quella segretamente custodita dalla domanda successiva. La quale, con l’insistenza senza tempo dell’onda sulla riva, erode la venerazione del definitivo e dà forma al nostro modo di stare nel mondo...

… persuadendoci che nessun dolore è per sempre, nessun problema è insolubile, nessuna risposta è ultima, perché così vuole la natura dell’uomo, che Nietzsche ha ben definito “animale non ancora stabilizzato”.

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