Piccole cose, piccole cose

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In estate tutto esplode. I colori, la pelle, il caldo, la gente matta, gli incendi, i temporali, i saldi, il bosco, la luce. In quel periodo dell’anno in cui ogni cosa ha la vita nella misura del troppo, quel troppo ci sembra scontato. E allora le stagioni che l’anticipano o la seguono diventano il tempo del non ancora e del non più, il tempo dove, comunque, sembra sempre mancare qualcosa.

Il trucco, la magia delle stagioni, è quella di ricordarci che c’è sempre qualcosa per cui essere grati. Ogni giorno diventa una benedizione se ci restiamo dentro, aggrappati a quello che è e non a quello che potrebbe diventare.

Lì il mondo ci si apre in uno spazio di gratitudine che lo rende immenso. E che fa l’effetto della palla di neve che dà inizio alla valanga. Che ci travolge con tutto quello a cui vogliamo fare caso.

Questo tutto è fatto di tante discrete presenze, ciascuna che diventa una benedizione: il punto in cui ogni respiro è un piccolo miracolo, un regalo che ci facciamo di renderlo più ampio, più profondo, più leggero, più dolce. Non è la visionaria edulcorata e stucchevole prospettiva di chi vede sempre tutto nella meraviglia estatica dell’euforia. È la vita, quella che di solito è sopraffatta dalle incombenze, dalle notizie tristi, dagli incastri in agenda e dalla maleducazione, dall’indifferenza e dalle assenze, dalla latitanza dell’empatia e dall’individualismo.

È quella vita che arranca per dirci, “ehi, ci sono anch’io” e che ci aiuta a tenerci in equilibrio, a recuperare sanità mentale sulle note di una canzone o sulle ali di un uccello, sul sorriso di qualcuno in coda come noi al supermercato o nel traffico, su un paio di scarpe che possiamo finalmente togliere per stare scalzi o su un bicchiere di acqua fresca alla fine di una giornata torrida.

Piccole cose, piccole cose.