Coltivare relazioni
Ovvero prendersene cura vangando, seminando, annaffiando e anche raccogliendo al momento giusto. Lasciandole riposare quando la stagione lo chiede.
Restare centrati sul rispetto per se stessi, senza mai disconnettersi dal rapporto con gli altri. Sono queste le relazioni che mi piacciono, e che provo a coltivare. Sono quelle che chiamerei senza dubbio “relazioni d’amore”, ma un amore silvestre, anzi, per riportare in tempi contemporanei un termine desueto, direi “silvano”, un vocabolo che ha con sé le selve, la vita di chi le abita, siano essi animali, uomini o divinità…
E che siano persone, animali, piante o sassi, uccelli o camosci, gatti o fiori, dèi o demoni, è con tutti loro che viviamo in costante dialogo: nel dialogo ci si definisce, ci si struttura, ci si disfa e ci ricostruisce.
Il dialogo deve avere sempre più di un solo interlocutore. Non si è matti se si parla con le radici, gli aghi, le cortecce, le nocciolaie, le nuvole. Si è ricchi. Perché si imparano lingue, suoni, sentimenti, che poi sono quelli che impanano la vita proprio di quelle relazioni che intrecciano il tessuto dei nostri giorni.
Sono fili che si annodano e si slacciano.
E non è importante se queste relazioni siano del presente o del passato, gli amori rimangono coniugati al presente sempre – perché noi restiamo e diventiamo anche attraverso quello che gli altri ci donano, o ci portano via.
E sono proprio questi andirivieni, questi movimenti, che ci rendono vivi… declinati al plurale, fortunatamente molteplici.