La mia prima cacio e pepe l’ho mangiata a Roma in una sera d’estate.
Era una trattoria in un vicoletto che dava su Campo de Fiori.
Quando i miei genitori venivano a trovarmi in capitale, per qualche giorno vivevo una piccola vacanza e la mia dolce vita romana si riempiva di famiglia, dialetto trentino, casa.
Facevamo i turisti scarpinando insieme e la sera ci regalavamo il relax di qualche ristorantino tra sanpietrini e tramonti, raccolti in quell’atmosfera romanesca che aveva sempre un sorriso o una battuta pronta.
Era una trattoria in un vicoletto che dava su Campo de Fiori.
Quando i miei genitori venivano a trovarmi in capitale, per qualche giorno vivevo una piccola vacanza e la mia dolce vita romana si riempiva di famiglia, dialetto trentino, casa.
Facevamo i turisti scarpinando insieme e la sera ci regalavamo il relax di qualche ristorantino tra sanpietrini e tramonti, raccolti in quell’atmosfera romanesca che aveva sempre un sorriso o una battuta pronta.
Che quella cacio e pepe all’ombra della statua di Giordano Bruno mi sarebbe rimasta nel cuore era facile immaginarlo. Ma che sarebbe stata l’inizio di un rapporto sempre al dente tra cucina e filosofia l’ho capito solo qualche tempo dopo.
Perché alla fine poi ha funzionato sempre più o meno così: che nella filosofia, come nella vita o in cucina, spesso gli ingredienti li sai ma anche quando sono pochi e semplici il risultato non è banale. Anzi, è amalgama di sbagli, prove, tentativi e fallimenti, con le ricette che nessuno ti dà e che ti devi inventare con comprovata manualità e rischio q.b.
Per un risultato mai scontato che, a volte, ha quel gusto unico dell’avercela fatta.
Buone sperimentazioni!
Ingredienti
Spaghettoni o rigatoni
Pecorino grattuggiato
Pepe nero in grani da macinare e/o tostare
Acqua di cottura
Sale