Eco selvatica fa grancassa dentro.
Non è solo un’idea, un progetto, una teoria. È tutto questo insieme, ma prima di tutto è un modo di sentire, di vivere la natura in tutte le sue forme attraverso una connessione profonda fatta di sensi e di risonanze che tuonano nel cuore quando ci si lascia invadere. Come se la vita bussasse alle pareti delle nostre difese con il rimando della nostra stessa voce. E con la brusca gentilezza degli istinti abbattesse gli ostacoli per farci scoprire quello che siamo e quello che possiamo essere.
È un modo di stare al mondo che si radica nella filosofia ma che incrocia anche quello della psicologia e delle scienze forestali.
Riconosce tra disagio umano, degrado ambientale e impoverimento ecosistemico una correlazione da rovesciare per senso e direzione, dedicando attenzione alle relazioni, all’interdipendenza biologica delle specie, agli esseri viventi che intarsiano il ricamo dei giorni.
Con un obiettivo, che è solo una delle tappe di un viaggio in continuo movimento: facilitare la sintonizzazione, per se stessi e per gli altri, con tutti gli esseri viventi, in qualunque forma si manifestino o si incarnino.
È un processo, un costruirsi in divenire, riattivando la capacità di ascoltare, di restare in silenzio davanti a ciò che ci sovrasta per meraviglia, per potenza, per incompiutezza, per linearità.
È un invito a riallacciarsi ai fili del mondo, tornare liberi di essere creativi, responsabili, ricettivi, costruttori di comunità allargate, creature sempre in ricerca di sé, di talenti, di relazioni, di autenticità.
Tutto questo non può che avverarsi in natura, in quell’eco che ritorna a noi con voce che è la nostra, ma modificata, amplificata, vibrante. Quell’eco che affonda le sue radici in όικος, la casa, il tempio più piccolo e più antico, da custodire assieme alle rondini, ai passeri e alle stelle, alle capre, ai camosci, ai larici e agli strobili, ai semi e ai licheni e ai sassi, per ritrovare nell’amore universale quella dimensione di spiritualità e sensualità mai disgiunte, sempre complementari.
È così, attraverso la pratica della relazione nella sua concretezza di odori, sapori e sensazioni che proviamo ad alimentare la speranza: quella che ricontattare noi stessi e i legami che ci annodano alla Terra diventi occasione per riattivare ricchezza e bellezza anche intorno a noi, per condividerle nelle storie che ci raccontiamo quando abbiamo paura, e tradurle in una storia collettiva di intelligenza emotiva ed empatia eco-logica.