Eco selvatica fa grancassa dentro.
Non è solo un’idea, un progetto, una teoria. È tutto questo insieme, ma prima di tutto è un modo di sentire, di vivere la natura in tutte le sue forme attraverso una connessione profonda fatta di sensi e di risonanze che tuonano nel cuore quando ci si lascia invadere. Come se la vita bussasse alle pareti delle nostre difese con il rimando della nostra stessa voce. E con la brusca gentilezza degli istinti abbattesse gli ostacoli per farci scoprire quello che siamo e quello che possiamo essere.
È un modo di stare al mondo che si radica nella filosofia ma che incrocia anche quello della psicologia e delle scienze forestali.
Riconosce tra disagio umano, degrado ambientale e impoverimento ecosistemico una correlazione da rovesciare per senso e direzione, dedicando attenzione alle relazioni, all’interdipendenza biologica delle specie, agli esseri viventi che intarsiano il ricamo dei giorni.
Con un obiettivo, che è solo una delle tappe di un viaggio in continuo movimento: facilitare la sintonizzazione, per se stessi e per gli altri, con tutti gli esseri viventi, in qualunque forma si manifestino o si incarnino.
È un processo, un costruirsi in divenire, riattivando la capacità di ascoltare, di restare in silenzio davanti a ciò che ci sovrasta per meraviglia, per potenza, per incompiutezza, per linearità.
È un invito a riallacciarsi ai fili del mondo, tornare liberi di essere creativi, responsabili, ricettivi, costruttori di comunità allargate, creature sempre in ricerca di sé, di talenti, di relazioni, di autenticità.